Le Leggende di Manerba.
Manerba è territorio di leggende e di racconti mitologici tramandati da secoli. Il suo stesso nome deriva da Minerva: Dea simbolo di saggezza, guerra giusta, ingegno e delle arti utili.
"Manerba venne eretta, secondo alcuni studiosi, in devozione alla dea Minerva... "
Quando i Longobardi invasero l’Italia, Brescia fu data alle fiamme e il Signore della città Marco Nanio ed il figlio Antonio vennero fatti prigionieri. Accadde, però, che la figlia del re longobardo Vitolfo, si innamorò di Antonio e segretamente lo sposò.
Grande fu l’ira di Vitolfo quando scoprì l’accaduto: ordinò che la figlia Vitilde fosse relegata sull’isola del Garda e che il giovane Antonio fosse rinchiuso nelle segrete della Rocca di Manerba. Passarono gli anni e finalmente in una notte tempestosa, aiutato dalla sorte, Antonio riuscì a fuggire.
La tempesta, quella notte, era molto forte e lo fece naufragare su uno scoglio. La fortuna sorrise ai due innamorati poiché quello scoglio era l’Isola di Garda, proprio dove Vitilde era relegata. I due poterono riabbracciarsi ma per maggiore sicurezza il giovane decise di vivere per un lungo periodo fra le grotte dell’isola.
I pescatori, da lui più volte soccorsi durante le notti di tempesta, cominciarono ad amarlo e a rispettarlo come un santo e lo chiamarono l’Eremita dell’Isola.
Si narra che sulla rupe di Manerba, in un antro a picco sul lago, un ferocissimo lupo impedisse l’accesso a chicchessia. Dopo innumerevoli, quanto invani, tentativi di cacciare la belva per restituire l’incantevole antro ai turisti, un giorni i signori delle comunità gardesane posero una grossa taglia sulla testa del lupo.
Si presentarono i giovani più coraggiosi e, tra questi, ne furono selezionati tre: un giovane di Moniga, uno della Raffa e uno della Pieve Vecchia. I tre partirono, tenendo segreto in cuor loro il sistema da adottare contro il lupo.
Purtroppo né il giovane di Moniga, che cercò di attirare il lupo con un’esca viva, né quello della Raffa, che sperava di catturare la belva con una grande rete, riuscirono nella loro impresa e il lupo gettò entrambi giù dalla rupe. Il giovane della Pieve, invece, agì con astuzia: nascosto in un cespuglio, simulò l’ululato di un lupo e attirò la belva fuori dall’antro. Quando il lupo s’avvento sul cespuglio, il giovane si erse senza timore brandendo una croce che gli levò contro ordinandogli di arretrare.
Il lupo, impotente, indietreggiò fino a cadere lui stesso dalla rupe. Si narra poi, che al largo della sponda di Manerba, siano sorti due scogli in ricordo dei due sfortunati giovani, mentre il terzo e vincitore venne onorato e festeggiato dal popolo.
Erano gli inizi del 1100 e Leutelmonte, nato a Esine in Vallecamonica, regnava dalla Rocca, su tutta la Valtenesi.
Se ne era impossessato e ne aveva fatto un suo feudo; il popolo si era abituato a considerarlo come il proprio signore: a lui pagava i tributi e da lui riceveva le leggi. I feudatari vicini preferivano averlo come amico piuttosto che come nemico poiché si era dimostrato più volte un terribile assassino che spargeva il terrore ovunque passava.
Un giorno, coraggiosamente, riuscì a liberare Engarda, figlia del signore di Brescia Ardiccio degli Aimoni, dal signore di Breno che la teneva prigioniera. Leutelmonte la condusse con se nel suo castello della Rocca di Manerba, assicurandosi così la gratitudine di Ardiccio. Gli abitanti della Valtenesi lo consideravano un eroe.
Usciva dirado dal suo castello e quando lo faceva scendeva verso la spiaggia solitaria oppure usciva in barca sul lago. Appariva come un signore duro e superbo ma di cuore nobile e generoso. Al culmine delle lotte feudali tra Valvassori, egli fu indotto a prendere le armi contro la città di Brescia. Radunò circa 7.000 uomini, marciò con Giraldo e Mazzucco, suoi amici, alla volta della città per impadronirsene. Il suo esercito, giunto alle porte della città, fu sconfitto dalle truppe di Ardiccio e qui trovò la morte in combattimento. Le passioni, i dolori, le avventure di questo leggendario personaggio hanno ispirato Lorenzo Erculiani, i due romanzi storici “I Valvassori Bresciani” e “Leutelmonte”.